lunedì 8 luglio 2013

Le cose che non ho. La nota per il libro di Grégoire Delacourt

Sono partita per le vacanze. Ho scelto un b&b di pace. La Torretta bianca a San Benedetto del Tronto. Vista mare, ma in collina. Stupendo. L'ideale per questa strana estate 2013. Ho portato alla mia amica Romina un libro. Già, con tre figlie piccole chi ha tempo per leggere? Il titolo recita, Le cose che non ho. L'autore un mio coetaneo francese, mai sentito prima: Grégoire Delacourt. Salani Editore. C'è una fascetta rossa che si staglia sulla copertina nera opaca molto lieve e raffinata, dove piccoli fiori lucidi dal rosa al rosso cupo volano qua e là, taluni scontornati e lucidati da un passaggio serigrafico. La fascetta annuncia che ne sono state vendute 500.000 copie. Il più grande successo francese dopo L'eleganza del riccio (che bello quel libro!). Oibò Grégoire è un pubblicitario, uno dei più grandi di Francia. Lui dovrebbe dire alla Jacques Séguéla: “Non dite a mia madre che faccio il pubblicitario”. Scrittore, aggiungo io. Beh, tre giorni dopo il mio arrivo, ritrovo il libro sul tavolo della mia bellissima camera. Dentro c'è una lettera. Della mia amica. Ha divorato le 142 pagine e mi invita a leggerlo commentando una frase tratta da una pagina: "Vorrei avere la fortuna di decidere della mia vita, credo che sia il più bel regalo che possa capitarci". Stavo ultimando Norwegian wood di Murakami Haruki e non l'ho preso in mano (finché ci sarà vita ci saranno da leggere, fortunatamente, prelibatezze per il cervello).
Sabato, la notte prima della partenza, ho aperto anch'io queste cose che non ho. Ne abbiamo tutti cose che ci mancano. Da assaporare mi son detta dopo poche pagine. Ci sono dei libri all'apparenza sottili, ma che ti fanno viaggiare corposamente con la mente, se solo alzi gli occhi un attimo dalla pagina perché cambia il paragrafo, li senti complici e ti portano lontano. C'è tutto in queste parole nero su bianco della vita. Ci sono l'amore, la famiglia, i figli, le amiche, il lavoro, la vita, i sogni, i dolori, le umiliazioni, le fatiche, qualche rara magia, l'adattamento e la speranza. E c'è la morte. Violenta, lenta, improvvisa, ma che sta nella natura del vivere anche un po' bizzarro e imprevedibile. E c'è quella che è la peggiore di tutte le morti: il denaro. Non vi svelo nulla di Jocelyne e del suo mondo. Ci mancherebbe. Sono felice che siamo in tre ad avere paura del denaro: lei, io e quel magico uomo che è stato Ingmar Bergman. Che si è confessato laicamente in tal senso, come riusciva a fare sinceramente e bene lui da scrittore (Lanterna magica, la sua autobiografia - da avere...). E non abbiamo dubbi, che la fila dei lettori di queste cose che non abbiamo, si allungherà e si allungherà, vero monsieur Delacourt?
Talvolta albeggia meglio di altre volte. "Vivement dimanche avec le parfume de merci, merci beaucoup".

Michaela Menestrina


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