lunedì 17 giugno 2013

L’handicap della normalità. A proposito del libro "Handicap e società" di Giovanni Vagnarelli


La maniera di parlare di handicap assume nella nostra società post-moderna e consumistica le parvenze istituzionali di un discorso “normalizzato”, dando a questo termine l’accezione di un’assimilazione di senso che procede parallelamente all’imposizione di un modello imperante tanto a livello politico e culturale quanto, soprattutto, economico. Oggi che l’apparato dei consumi sembra riassumere e concentrare il vissuto e le capacità rappresentative dei soggetti, compiendo, in maniera sicuramente più subdola rispetto al passato, il tentativo, riuscito da parte delle élite al potere, di sminuire, bloccandone ogni forma di dissenso, la specificità psicosomatica e la dimensione etica e culturale dei non allineati con le regole del cosiddetto “gioco” delle parti sociali, la diversità, appunto, è sempre più vista in maniera accomodante e, potremmo anche dire, “sentimentalistica”, comunque distorta.
Il tema, o meglio i temi, delicati, contesi e “nascosti” che fanno da corollario a questo assunto di base sono esposti, con notevole capacità di analisi, da Giovanni Vagnarelli, uno studioso attento delle problematiche sociali, filosofo esperto di Gramsci e Gobetti, che con il suo ultimo lavoro “Handicap e Società. Genesi e Morfologia di un embrica mento”, intende metterci in guardia, senza pietismi di sorta o la retorica vuota del “buonismo” falsamente perbenista, contro quelle che definisce le “sirene” dell’addormentamento delle menti da parte di un “logos” predominante o, ad ogni modo, di una cultura “mainstream”, volendo restare alle parole d’ordine dell’autore.
Come definire in effetti diversamente questa impasse culturale ed intellettuale che cortocircuita l’intero ordine democratico e ne fa un rachitico simulacro, di volta in volta riempito di contenuti etico-civili, estetici ed intellettuali dalle classi egemoni? Direbbe Vagnarelli un’espropriazione bella e buona, compiuta furtivamente e con l’armamentario della retorica, ai danni di chi, dotato di sensibilità e personalità altre rispetto alla mentalità comune e ad una cultura istituzionalmente asservita a fini politici, non è libero di autodeterminarsi facendo sentire la propria naturale voce di dissenso e protesta. Insomma una cronica mancanza di rappresentazione sociale, tanto nel caso dell’handicap come delle più varie marginalità sociali, in grado di condurre inesorabilmente ad uno stadio di impoliticità.
Dalla società primitiva, allontanata forzosamente dalla Natura-madre dopo la nascita dell’agricoltura e le nuove esigenze organizzative dell’economia stanziale e metodica che presuppone la figura del Pater Familias, centrata sulla forza del soggetto morale autoritativo, passando per il modello greco che garantisce solo apparentemente dignità di appartenenza comunitaria al popolo, iscrivendola, invece, nelle sfere delle classi egemoni in grado di incarnare la tavola dei valori civici grazie anche all’uso della parola speculativa e del diritto come arte di auto-descrizione e aggregazione del consenso politico, sino alla moderna razionalità (dal Settecento in avanti) in cui la forza contrattuale del potere varia i propri assunti puntando sulle categorie di esperienza, utilità dei fini, benessere e consumo, senza ridurne in ogni caso la natura coercitiva, i margini di intervento lasciati a chi non accetta di essere normalizzato è sempre più esiguo. La “regola” imperante, configurata nella kalokagathìa, sottrae spazi di rivendicazione all’handicap come modello identitario fiaccandone risorse, sbiadendo tutto in “proclami volontaristici” ed indistinte generalizzazioni, appiattendo le coscienze e le cariche eversive nelle diluizioni di coscienze attraverso l’ipnosi del mercato e della felicità a tutti i costi che pacificano in maniera illusoria.
Attraversando secoli di civiltà, reinterpretando in maniera pluridisciplinare (filosofica, storica, antropologica, sociologica, legislativa e pedagogica) il sempre infelice rapporto tra norma, intesa come ordine precostituito, e spinte socialmente non integrate, Vagnarelli fa chiaramente intendere, in un libro che non traccia conclusioni ma non si lascia neppure ingabbiare nella retorica del moralismo edificante o dei discorsi conciliatori, che l’handicap resta tutt’oggi una grave questione irrisolta e, nonostante le buone leggi esistenti, un’occasione di emancipazione mancata per un evidente impossibilità di mettersi in ascolto dei bisogni fisici ma direi, soprattutto, etico-comportamentali del disabile. Insomma ancora una volta, e di più, un’anomalia evidenziata dal costrutto esistenziale apparentemente perfetto e tecnologizzato, patinato e pieno di forzature dei cosiddetti “normali”, in quanto come direbbe il prof. Illuminati che ha curato l’introduzione al volume, la frammentata identità dei portatori di handicap “è subordinata alla loro capacità (parziale) di costruirla con gli strumenti istituzionali, culturali e sociali già esistenti” senza una vera, compiuta rivendicazione del loro statuto di identificazione e raffronto col mondo esterno.
Il libro è stato presentato venerdì 7 giugno presso la Biblioteca di San Benedetto alla presenza dell’autore e dei relatori, il dott Alceo Lucidi e il sociologo Alberto Cutini, che hanno avuto il compito di illustrarne i contenuti e gli indirizzi di fondo. Lucidi, attraverso un’opera di sintesi ha riperso a grandi linee l’articolazione del volume di Vagnarelli sottolineandone il carattere composito, mentre Cutini ha puntato sugli aspetti più direttamente legislativi e pedagogici della questione in una società, come la nostra, che esula dal problema liquidandolo molto spesso in una dimensione pietistica ed assistenziale.
La stessa storia della pubblicazione del volume rinforza tale concetto avendo provveduto l’autore a pubblicare autonomamente il testo attraverso le nuove frontiere dell’editoria on-line senza ricevere particolari sostegni. Contro ogni forma di resistenza culturale a considerare l’handicap una forma di espressione identitaria, nella sua variegata complessità, invitiamo chiunque fosse interessato all’acquisto del libro a rifarsi al sito: www.ilmiolibro.it.

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