sabato 15 giugno 2013

Enrica Loggi al Festival Ferré. Quando l'arte e la vita diventano poesia.

Si partecipa a tavole rotonde e dibattiti in mille modi. Quasi sempre si parla. Tanto. Oh quanto si parla. Capire diventa un optional però, quello che conta, è dar fiato alla nostra sconfinata sete di protagonismo. C'è chi invece, come la nostra redattrice per la poesia, Enrica Loggi, che interviene ai dibattiti come ogni poeta che si rispetti dovrebbe fare: recitando versi sul tema.
Quella che riportiamo sotto è la poesia (inedita) che Enrica Loggi ha letto in occasione della tavola rotonda: "Il rapporto tra arte e vita nei poeti e nei musicisti", organizzata nella Sala della Poesia di Palazzo Bice Piacentini, in occasione del Festival dedicato a Léo Ferré a San Benedetto del Tronto.




E’ tardi, s’incrociano strade
come rime fuggiasche
ho appena finito di parlare
e la vita si tinge, sfuma
in una sera che si apre e inghiotte
il canto più lento del giorno
e si rifugia nei versi
come in braccia di madri.
Vita che si traveste
in solitudine
e tra i suoi panni ruvidi
si posano i momenti, le parole.
Poesia che nasci da macerie
e vai girando dove nessuno cammina
o dove tutti cercano una luce
e ti rifugi nell’acciarino
che accende la tua candela,
mi sei apparsa e ti reggo sull’indice
come un uccellino mite.
La vita il deserto
cercano il tuo manto piumato
per attraversare il fiume
per andare a casa.
Ho riposto il vestito della festa
per entrare graziosa
nella tua dimora
nel tuo lungo sospirare
nelle tue lacrime
nel tuo belletto circense
sirena
del mio viaggio continuo
tra i vivi,
quelli che cantano canzoni
per stancare il vento di marzo
per incantare la morte.
E aspettano le rondini

e il verde dei campi.

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