venerdì 31 maggio 2013

Da Platone a Galimberti: tutto quello che si deve sapere sull'amore.

Non è mai tardi, o presto, per parlare d'amore. Almeno una volta nella vita ci chiediamo cosa sia. Taluni hanno indagato a lungo su questa domanda, sono andati a fondo. Oggi mi piace parlare del Simposio di Platone, sviscerato da Umberto Galimberti nel suo libro: Le cose dell'amore, un testo che ho letto e amato tantissimi anni fa al primo posarci gli occhi.
Che cosa avevo capito dell'amore? Poco. Non l'avevo ancora conosciuto. Agli amici avevo regalato tante copie del Simposio, eppure nel tempo nessuno me ne aveva dato riscontro. Sono trascorsi gli anni, tanti anni.
Mi sono chiesta: "L'amore non è amato?", come diceva San Francesco? Sì, perché l'amore è mancanza.
Poi, un giorno arriva il filosofo Galimberti a fare chiarezza.
L'amore sta nel mezzo tra la nostra parte razionale e quella folle. I doni più grandi ci sono dati dalla follia. Secondo Platone ci sono quattro tipi di follia:
a) la follia profetica, che è vedere e parlare oltre il presente;
b) la follia dell'iniziazione, che è quella religiosa;
c) la follia dei poeti, che è la trasgressione del principio di non trasgressione    (parlare alla luna ad esempio, come fa Leopardi);
d) la follia d'amore, che è quella più alta ed eccelsa.
Se vuoi parlare d'amore ti devi spostare fuori luogo. Come faceva Socrate quando veniva colto da atopia. "Non so niente" diceva Socrate, "ma so d'amore, me l'ha insegnato una donna, perché la donna è al confine tra razionalità e follia". La donna raccontò a Socrate che Penia (povertà) e Poros (la strada) aspettavano sotto il tavolo gli avanzi di un banchetto, dopo aver mangiato fecero l'amore e nacque Eros. Figlio della povertà.
L'amore è mancanza, il desiderio di qualcosa che ci manca. La nostra parte razionale non dispone d'amore. L'amore è mediatore, traduce il linguaggio della nostra parte razionale per la nostra parte folle e viceversa.
"Mi fai impazzire" oppure "ho perso la testa per te", significa che grazie a te ho accesso alla mia follia, perché tu l'hai intercettata.
L'amore è generativo di soggettività, nella lingua greca esistevano il singolare, il plurale e il duale, una forma di linguaggio simbolico dei due amanti. Il simbolo è parte di un uomo. In un tempo remoto eravamo interi, dice Platone, ma Zeus temeva la potenza degli uomini e decise di tagliarci in due. Per questo motivo l'uomo cerca la propria metà parte, e mediatore di questa ricerca è l'amore. E l'amore ha bisogno di un'altra persona che ci accompagni in questa ricerca. Una persona speciale.
E quando l'amore sarà compiuto, quando usciremo dall'amore sia che vada bene o male, non saremo mai più come siamo stati prima.
Saremo meno lacerati dentro noi stessi. Perché per un breve attimo o per molto tempo, avremo trovato il tutto.

Michaela Menestrina


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