lunedì 8 giugno 2020

Astronavi al tempo del colera


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«I've seen things you people wouldn't believe,
attack ships on fire off the shoulder of Orion,
I watched c-beams glitter in the dark near the Tannhäuser Gate.

All those moments will be lost in time,
like tears in rain.

Time to die.»

(Blade Runner,1982)

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              Ho visto cose che noi umani non avremmo immaginato, nel nostro tempo sconvolto dal contagio. Ho visto corpi militari extramondo presidiare città e contado. Ho visto cacciatori di taglie inseguire fuggitivi tra le dune sabbiose delle spiagge, disperdere con lanciafiamme torme di untori; ho visto droni intelligenti perlustrare foreste e campagne, elicotteri in assetto mimetico braccare ogni forma di vita in movimento.
Ho visto androidi organici - in tutto simili agli umani, ma con gravi difetti di fabbricazione - governare le Regioni, parlare uno slang sconosciuto - detto cityspeak - e, sottoposti a test, tradire nei tempi di reazione anomali e dissociati la loro natura aliena.

       E ho visto astronavi scendere fra noi - a Milano, a Civitanova Marche - in realtà urbane confuse e distopiche, dalle quali chi ha potuto è da tempo fuggito riparando nelle colonie extramondo.

       Poco si conosce di queste forme di vita galattica finite qui alla deriva: si favoleggia di equipaggi composti di androidi che avrebbero perso memoria dello scopo originario della missione e dell’esistenza stessa di un mondo esterno. All’occhio umano, nelle loro raggelanti geometrie esse appaiono disabitate; non si esclude tuttavia che gli occupanti siano mantenuti in uno stato di ibernazione o di animazione sospesa.

       Gli scienziati ritengono trattarsi, con ragionevole certezza, di macchine autoreplicanti che sfrutterebbero le risorse trovate nel sistema di destinazione per creare copie di sé stesse e riprodursi all’infinito. Due intanto, le “Bertolase” - in gergo tecnico - già replicate.
La ciurma delle Bertolase risulta composta da un comandante eponimo e da un insieme eterogeneo di replicanti umanoidi: frutto di ingegneria genetica che ha dato loro sembianze di presidenti, sindaci, assessori, funzionari, tecnici regionali, essi sono privi dell’esperienza di vita vissuta che caratterizza invece gli umani e sono per ciò stesso incapaci di relazionarsi con la vita reale.

       Del comandante eponimo - l’androide “Bertolaso” - si sa soprattutto che scompare a tratti per ricomparire in altri luoghi al comando di nuove formazioni aliene: progettato dall’ingegneria genetica per rispondere a compiti disparati, è come ogni replicante dotato di competenze artificialmente innestate e di una fallace consapevolezza di sé.

       Le due astronavi, monumento all’ambizione senza freni e ad inconfessati interessi, col loro tragico pallido scheletro inutilizzato sono destinate a fare i conti con realtà che sfuggono pericolosamente al loro controllo, e probabilmente a gravitare per sempre nel vuoto come l’antica astronave Anomalia, scomparsa da tempo nel sistema solare con tutta la sua ciurma.

E tutti quei momenti andranno perduti nel tempo come lacrime nella pioggia. È tempo di morire

Sara Di Giuseppe - 7 Giugno 2020




mercoledì 27 maggio 2020

Le 3 piramidi (poco faraoniche) di San Benedetto

Costruite anch’esse dai gatti come quelle egiziane, 
ma dai nostri gatti del Porto.



Sono i discendenti di quelli, e abitano nei cunicoli e negli anfratti lì intorno:

-          L’anziano striato di scuro, zoppo e con un occhio solo

-          La bianca e nera sempre incinta attorniata dai suoi ex piccoli, 

           ormai indipendenti

-          La pezzatina superforastica dal pelo dritto

-          Il nero-tinta-unita contemplativo

-          L’altro nero con la macchia bianca, miagolante e affamato cronico

-          Il tigrato dagli occhi verde oliva, la coda arricciata e l’aspetto acrobatico

-          …

           Nessun gatto Sphynx, che sarà pure aristocratico ed egiziano ma è senza pelo: i nostri ruspantoni non ci tengono a essere chiamati "spelacchiatoni".

           I nostri gatti del porto sono ovviamente bravissimi a costruire piramidi, ma non di pietra, le fanno di cemento. Niente massi da trasportare, niente schiavi egiziani nè architetti tra i piedi: basta uno stampo e una colata di cemento. Tutto più facile e veloce, alla fine le piramidi sono pure più belle.

           Poi qua il cemento abbonda: basta rubarne un po’ nei tristi crateri di scuole e alberghi e cinema abbattuti, dove al posto di quelli nasceranno cubi di cemento stupidi e kitsch da vendere a banditi e pollastri.

           Insomma le 3 piramidine di San Benedetto (foto non-Baffoni allegata), le uniche al mondo bagnate dal mare, meritano una visita.

Per la Sfinge (di cemento) c’è invece da pazientare, i nostri gatti sono pigri, non gli piace sudare, le loro 12 vibrisse ne soffrono…
 


PGC - 26 maggio 2020





lunedì 16 marzo 2020

MassimUT2

Da qualche giorno abbiamo più tempo per pensare... Anche agli amici, di oggi e di ieri.
E allora lo ricordiamo così, Massimo Consorti, come ci riesce meglio. Per il momento.




giovedì 23 gennaio 2020

Anime smarrite, anime belle - appunti in treno

Un uomo grida a se stesso o forse alla sua famiglia lontana. Impreca in una lingua sconosciuta, certamente si dispera, infreddolito, curvo e chiuso in sé stesso. Con passi sconnessi, spigolosi come i suoi capelli dritti e neri davanti al viavai indifferente della piccola Stazione. Spero non mi venga addosso, non capirei nulla, non saprei cosa fare… Il tizio si allontana bruscamente.
Salgo sul Locale e chiedo conferma della tratta. Mi siedo confortato e finalmente in viaggio.

Cerco un bagno al secondo ed enorme snodo ferroviario. Non ho fretta, ho tempo. Donne e uomini con ingressi distanti. Al tornello da gettonare c'è una signora un po' curva e non più giovane, forse per l'aspetto e i suoi vestiti lunghi e logori. Cerco l'euro ma qualche centesimo lo allungo alla portiera abusiva e precaria. 
- Signore, - mi dice - ha il borsello aperto. - 
Rispondo - Lo so, - fidandomi della mia figura dissuadente e mascolina. 
Mi lavo, esco e lei non è già più lì. Meno male, sarebbero altre parole inutili e forse qualche altro centesimo, questa volta da negare.
Attendo e fumo una sigaretta all'esterno della grande casa dei treni rossi, argentei e verdi misto-fango dei pendolari. Una passante mi avvicina: 
- Ha mica una sigaretta? - 
- No, fumo queste… da rollare. - 
La ragazza adocchia l'alta pattumiera al mio fianco, con lamiera forata e tanti mozziconi di sigarette. Alcuni sono consumati solo a metà immersi in un insieme misto di vecchia cenere e sporcizia varia, come solo nelle stazioni si vedono. C'è una sigaretta quasi intera. La prende e rivolgendosi di nuovo mi dice: 
- Hai d'accendere? - 
Niente di più probabile: - Certo! - 
La ragazza riprende il suo andamento ondulato e incerto, forse temporaneamente meno ansioso.

Vado al binario 7, sotto al piano stradale, dove c'è ancora poca gente. Manca quasi mezz'ora. Mi appoggio al muretto delle scale che portano ad altri piani della cittadella ferrata. Mi riposo nell'attesa. Un signore magro sulla settantina, ma ben portati, si avvicina per chiedermi se al binario passasse il suo treno, sempre verso sud. Confermo - Pescara. -
Risponde - Sa, ancora sul display non è comparso… e l'orario, e allora sa… 
Rispondo - Non si preoccupi, anch'io scendo e ho visto che è quello giusto. Vado a Sben. - 
Ci scambiamo dei cenni rassicuranti. 
Continua - San Benedetto, la conosco poco, ma in Ancona ci sono stato spesso e ho mio figlio lì. 
- Anch'io, - rispondo - da poco tempo mia figlia ci si è trasferita. Da dove sta venendo? 
- Da Modena, sono stato per un controllo dopo un intervento alla gola. Qualche mese fa mi sono operato sempre lì e dovevo farmi qualche esame. 
- Mi dispiace. Tutto bene ora? Positivo, anzi no, negativo? - 
- Sì, non c'è niente e sa, è stata una bellissima notizia. - 
Dal viso sereno si capiva che ne era felice, sollevato. Continua vedendomi col tabacco in mano: 
- Anch'io fumavo, ma poco poco. Sei, sette sigarette. Ma se ti deve venire, ti viene, anche se non fumi. Succede a tanti. - 
Pensavo proprio la stessa cosa. Il signore, di Bari, si sarebbe fermato a Giulianova, presso la sua seconda casa, piccola e unicamente dedicata ai giorni di mare. Ex impiegato comunale, responsabile all'ufficio ambiente, ora lontano dall'amministrazione, mi parla di De Caro, di Emiliano, delle difficoltà appena accennate e lasciate intuire della città del Levante.
Arriva silenziosamente il potente ferro argento a strisce rosse. 
Saliamo sulla stessa carrozza ma posti diversi. La conversazione finisce.

"Viaggiare in treno è, a volte e fuori dall'esperienza quotidiana, un privilegio, una scuola di confronto, conoscenza, di approfondimento, riflessione, studio, o di stupore e rammarico per le tante situazioni di disagio sociale. Una palestra fuori dai tele-schermi antichi e nuovi, fuori dalla cronaca raccontata o subita. Non ci si annoia, insomma."

Continuo il viaggio e questa volta i cambi sono finiti. Questo 'legno' mi porterà fino a casa. Non proprio, ma in prossimità, a due chilometri e mezzo. Li farò volentieri a piedi. Adesso posso immergermi in brevi letture e conversazioni al telefono con le figlie. Ecco cosa mancava nell'elenco di cui sopra: chiacchiere e pensieri con i cari, sparsi per lo stivale, amici poco frequentati e distrattamente sentiti con sporadiche e veloci conversazioni. Ne ho sempre poca voglia, la mia 'pigrizia' in questo senso è nota. Ne approfitto. 

Le ore passano, ma nel conteggio finale ne restano davvero poche. Forse neanche una e, alzandomi per prendere una boccata d'aria più fresca nello snodo d'uscita, noto meglio il ragazzone seduto vicino a me sull'altra linea dei finestrini. Mi fa capire che anche lui avverte caldo. Sbuffa e io rispondo a gesti. Capisco che non è italiano. Forse americano o tedesco? Fa lo stesso, ci capiamo per quel poco che dobbiamo scambiare. Nel frattempo sento qualcuno che grida, ma sono distratto e capisco appena che maledice e impreca contro qualcun altro. Faccio fatica perché non vedo la scena. Qualche secondo dopo mi accorgo che sta indiavolato al telefono. Mi domando: ma si renderà conto che è in treno e non a casa sua o in macchina? Chi gli sta a fianco lo subisce, e senza poter protestare! Vabbè, l'importante è che finisca 'sta sceneggiata.
Il ragazzone viene anche lui nello snodo a sgranchirsi le gambe e prendere una boccata d'aria fresca. Mi fa capire che viene da un viaggio lungo. Portogallo e poi qualche altra cosa come una sosta in Liguria. Adesso scenderà a… San Benedetto del Tronto. Lo ripeto anch'io scandendolo, e aggiungo: long name! Viene per lavoro, non capisco quale, e viene dalla Norvegia ma non afferro la città. Tanto oltre Oslo non conosco. Come moltissima altra geografia.

Arrivato. Saluto il signore di Bari e il ragazzone norvegese. Ho 20 minuti di strada a piedi. Recupero la tregua con i polmoni e mi accendo una sigaretta dopo una pausa per la rollata. Sono a casa, sono fresco di oltre 10 ore di viaggio ma non sono affatto stanco. Sono stato in un posto nuovo, sono stato con mia figlia, ho parlato piacevolmente con amici e familiari. Ho percorso 1.200 chilometri in due giorni e mezzo, prima in auto e poi in treno. Ma non c'è paragone tra i due mezzi.


Francesco Del Zompo - 22 gennaio 2020





venerdì 20 dicembre 2019

Un sambenedettese tra i sammarinesi: un anno di "pubblica utilità"

Con il caldo tornato in questo fine anno, con i molti casi di crisi che non lasciano ben sperare, la sempre più agguerrita civiltà affaristica-imprenditoriale italiana ritrovatasi con il camice a strisce, la politica nostrana che fa girare la testa per le giravolte esibite con nonchalance, lo strazio che sta attraversando il nostro pianeta, c'è, e ci deve sempre essere uno 'spazietto' da ritagliarsi per sopravvivere e darci un senso. Il posticino che ci fa ancora esprimere ciò che amiamo… il nostro saper fare. Non è molto, ma neanche pochissimo.

Qui la mia raccolta visiva dell'intero anno (che sta per andarsene ma che vorrei trattenere più a lungo) delle 13 campagne di prevenzione e cura della salute per la Repubblica di San Marino - Segreteria di Stato Sanità e Sicurezza Sociale. Le Campagne sammarinesi, sostenute tutte da l'OMS (WHO in inglese), fanno parte integrante del programma di 194 Stati, che mettono in primo piano, come da costituzione, il raggiungimento del più alto livello possibile di salute della popolazione mondiale. 

Da parte mia è stato un anno speso in conoscenza e cura del linguaggio visivo (unita ai proficui rapporti di collaborazione), grazie all'amico Gabriele Geminiani e la sua associazione Fuorigioco Network che mi hanno messo in contatto con il personale istituzionale della Repubblica stessa. Mesi a interpretare in sintesi cosa serva per convincere (e convincermi) di fare prevenzione per la salute e come affrontare la malattia, attraverso l'uso oculato di immagini e brevi ma significativi testi. 

Niente si può dare per scontato sulla capacità del nostro fisico di restare sano, quasi come se il dono fosse dato per sempre. La nostra vulnerabilità è una costante come la legge di gravità, e l'uso e l'abuso delle nostre capacità fisiche sono delle mine poste lungo il percorso.
Per me, che sono quasi un fatalista, è stata una vera lezione. Spero resti qualche traccia nel mio presente come nel futuro…

Non è scontato che il prossimo 2020 mi ritroverà impegnato in questo progetto di 'pubblica utilità', ma i commenti ricevuti lasciano ben sperare.

Francesco Del Zompo - 20 dicembre 2019



venerdì 1 novembre 2019

Silvano non suona più

Tra noi, era quello che più amava la musica. Ma la suonava di meno.
Lui la “cantava”, dentro.


Quando lo guardavi pensieroso (e forse lui non ti vedeva), sta’ sicuro che aveva un motivo in testa, spesso ripetitivo, che ripassava in continuazione, arrangiandolo alla sua maniera, smontandolo, rimontandolo, arricchendolo di note nuove, per noi misteriose.


Da ragazzo, con noi formò i Leaders, poi studiò e insegnò musica, a Ripa fu maestro di banda, nel suo defilato affettuoso negozio vendette chitarre, clarinetti, sax, piani, batterie, spartiti, mute di corde…


Ci si ritrovava, ogni tanto. Tra noi, suonare significava parlare. Impacciati magari, non ricordando bene motivi e accordi, provando, riprovando…


In ultimo, da solo, chissà cosa cantava. Ma sembrava sereno.


Noi speriamo così.
                                           
       
1 novembre 2019                   Gli amici di musica




mercoledì 30 ottobre 2019

La STASI* nel Piceno

*Staatssicherheitsdienst:  Polizia Segreta di Stato dellex DDR  La principale organizzazione di sicurezza e spionaggio della Repubblica Democratica Tedesca.

        

       Dovevamo saperlo, che prima o poi la sindrome da sicurezza (Sicurezzite, nel linguaggio specialistico delle neuroscienze) avrebbe partorito il mostro.

       Lhanno partorito - senza una doglia né una contrazione - tre geniali sindaci del Piceno (Grottammare, Cupra, San Benedetto: i tre "P" dellavemaria, rispettivamente Piergallini, Piersimoni, Piunti), più la Prefetta di Ascoli. Sorriso da primi della classe nella foto di gruppo, con la penna in mano (!) come quando andavamo alle elementari, con dietro i maestri, pardon, i vertici delle Forze dellOrdine in posa pettoruta, e, sotto, la velinona istituzionale del 29/10 che la stampa locale si è scapicollata a pubblicare senza - va da sé - un sussulto di critica-dubbio-perplessità, né uno sbigottito possibile-che-sia-vero?... (È la stampa locale, bellezza).

       Vero lo è, il comunicato dei faccioni sorridenti con la penna in mano non lascia dubbi. 

Lideona, che presto sarà concretamente realizzata, prevede il coinvolgimento dei cittadini in attività di osservazione della propria zona di residenza per prevenire reati e valorizzare forme diffuse di controllo sociale 

Passaggio clou: listituzione di GRUPPI DI VICINATO(sic) che dovranno - udite udite - limitarsi a riferire le informazioni di interesse per le Forze di Polizia

(Ci ricorda qualcosa?)

       I Gruppi di vicinato - difficile dire se la definizione sia più comica o più sinistra, ma si può optare per un pareggio - avranno compiti di controllo del vicinato (sic) e dovranno limitarsi (bontà loro) a riferire le informazioni di interesse per le Forze di Polizia.

       Nellex DDR si chiamavano cittadini della pace - Kundschafter des Friedens - i benemeriti che facevano gli spioni presso la STASI; qui da noi tempo fa si chiamarono RONDE i gruppi di cittadini di marca fascioleghista pronti a menar le mani se la sicurezza lo richiedeva; poi anche quelle si sgonfiarono, le ronde rimasero disoccupate e restarono comunque i Vigili Urbani a inseguire con eroico sprezzo del pericolo i feroci vucumpra sulle spiagge di San Benedetto-Grottammare-Cupra  (in ordine di apparizione sulla traiettoria sud-nord).

     Oggi finalmente, con listituzione dei Gruppi di vicinato (che Salvini se lo sa ci resta secco per linvidia) tutti saremo più sicuri: ciascun cittadino saprà di poter essere spiato, controllato, se necessario pedinato dal proprio vicino (ci ricorda qualcosa?) e sarà perciò indotto a comportamenti onesti, disciplinati, cristallini; ciascuno, incontrando il proprio vicino, si scappellerà ossequioso, hai visto mai che sia “uno di quelli”… e se ne gioverà larmonia generale. Ciascuno inoltre potrà farsi parte attiva del progetto e, riscontrando comportamenti sospetti nel vicino, fare una sacrosanta spiata alla STASI, pardon alle autorità locali. 

       Insomma, grazie al genio dei sindaci locali e delle autorità preposte - la brava Prefetta auspica che altri Comuni si aggiungano  - dora in poi dormiremo fra due guanciali: gli spioni, gli spiati, la città intera e tutto il cucuzzaro. 

E la sicurezzite celebrerà finalmente i suoi trionfi.

       Però un po sono preoccupata: se mai, colpevolmente trasgredendo la severa dieta  ipocalorica, dovessi appartarmi per sgranocchiare in segreto una libidinosa barretta al cioccolato, potrebbe il mio atteggiamento indurre in sospetto un occhiuto vicino, ed essere io da questi zelantemente segnalata alla STASI, pardon alle autorità locali? Mumble mumble


Sara Di Giuseppe - 30 ottobre 2019 



venerdì 4 ottobre 2019

“LA NOSTRA CASA È IN FIAMME”, costruiamone ancora!

La variante REMER si farà: Un borgo naturalistico di 80 appartamenti immerso nella natura della Riserva Sentina. “Più di 3 milioni per le casse comunali.

 LA NOSTRA CASA È IN FIAMME, costruiamone ancora!

     La scena a San Benedetto cambia ancora ma è sempre uguale: mattoni, asfalto ferro e cemento. Palazzi, Residence, Centri Commerciali. E case su case su case, con ingordigia. Insultando la lingua italiana, ora li chiamano borghi

    Un borgo alla Sentina ci mancava. E come non costruirlo, quando è proprio sullaspetto naturalistico che puntano i privati in quanto negli ultimi anni sarebbe cresciuta la domanda per siti immersi nella natura…”. Quindi cosa fanno gli architetti? Propongono progettano e firmano gli orrori che vedete. E cosa fa il Comune? Concede col sorriso e passa allincasso, 3 milioni e rotti, altro che “edilizia sociale. E la rimpicciolita Sentina, che si restringe e intristisce sempre più? Zitta, si capisce. Avrà solo molta più gente che farà intorno pipì, più auto, più scooter, più rumori, più soldi, più turisti stupidi.

      E lambiente, la natura? Linquinamento? Le polveri? I rumori? 
La ci-o-due

Eddài! Eddài, tranquilli, ovvio che sarà tutto in regola, mica siamo banditi

     E poi senti lultima, questa gli è sfuggita, al Corriere Adriatico: il super-attico di questo borgo così ecologico, quello con vista sui laghetti della Sentina, lha comprato GRETA THUNBERG (anche la sua casa è in fiamme).

     Nota importante: in questo pezzo alcune notizie sono vere, altre false. Al lettore il compito di distinguerle. Se non ce la fa pazienza. Potrà sempre fare il giornalista o il politico.


PGC - 4 ottobre 2019



sabato 21 settembre 2019

La Tragedia di Adelchi

Conosceva la sua Palazzina Azzurra come nessuno.

Ogni particolare edilizio. E ogni palma, ogni cespuglio, ogni fiore, quasi ogni filo derba del giardino. Mi chiamò disperato, quando tagliarono il grande pino. Quante volte ispezionava preoccupato il malandato mosaico della ex pista da ballo: metteva le tessere che si staccavano in tre sacchetti  tre toni dazzurro  tante volte mandassero qualcuno a ripararla (Macchè)

Teneva a bada gli espositori, gli artisti, i musicisti, gli assessori, i politici e il pubblico maleducato con la stessa intransigenza: attenti, la Palazzina è fragile, si rompe!

Una mattina lo trovai arrampicato su una sedia di plastica che lucidava con cura il plexiglass della scultura VALE & TINO di Marco Lodola: che poesia, sembrava ballasse con loro

ADELCHI non era solo lo storico custode della Palazzina Azzurra, era proprio una sua parte. Era, soprattutto, un testimone scrupoloso, che si studiava  attento e a modo suo  ogni artista. Poi me lo raccontava, a modo suo.

Quando andò in pensione la Palazzina ci restò male, come orfana. ADELCHI adesso la guardava da lontano, ci passava davanti in bicicletta, chissà se ci entrò più. Io non riuscii a (ri)portarcelo mai.

Ma le vite della Palazzina e di ADELCHI continuavano parallele, il loro distacco non era una tragedia. Si amavano lo stesso.

La Tragedia è adesso.


19 settembre 2019                  Giorgio



giovedì 5 settembre 2019

Quasi quasi mi faccio un incendio

        Devesserci un piromane seriale che imperversa nelle campagne di Cupra-Grottammare-Ripa, ma nessuno lo prende. Sembra agire indisturbato, con la massima libertà e a colpo sicuro. Quando in TV non cè la partita o qualche altra scemenza che adora, lui per non annoiarsi guarda in aria, strabuzza gli occhi come i coatti di Carlo Verdone in “Un sacco bello - e trova lispirazione Quasi quasi mi faccio un incendio. Due passi nei paraggi (a piedi, in macchina, in motorino), accende e torna. Poi si gode gratis lo spettacolo di sirene - autobotti - pompieri - elicotteri - canadair - tivù 

       Nessuno mai lo beccherà, se la sequenza dei fatti è questa. E lo è. Senza alcuna efficace attività di prevenzione, lui può continuare tranquillo [a meno che non si dia fuoco da solo], invece noi ci rimettiamo i boschi. 

      Sui giornali la notizia non fa più notizia: le solite veline inzeppate di dati tecnici senza senso per chi legge, diramate con dispiacere precotto misto ad orgoglio: le fiamme, dopo ics ore, sono state domate con sprezzo del pericolo bla bla bla intervento di squadre di Vigili del Fuoco da ogni dove. Costi altissimi per niente: dopodomani, vicinissimo, capiterà un altro incendio. Doloso.

        Eppure qualcosa si potrebbe e dovrebbe fare per proteggere davvero questi nostri territori circoscritti, pure mediamente urbanizzati, e arrestare il piromane pazzo (se è pazzo). Non siamo in Amazzonia.

        La butto là: perché non utilizzare i DRONI? Penso a una decina di droni semi-professionali, del costo di poche migliaia di euro, da tenere permanentemente in funzione (in volo) nei mesi degli incendi. Da una quota di circa 500 metri, coprirebbero palmo palmo tutto il territorio rivelando allistante qualsiasi movimento o azione sospetta ad ununità operativa della Questura la quale, prima che il piromane seriale agisca, invierebbe i gendarmi a catturarlo come un cinghiale.  Della sua losca condotta avrebbe prove certe.

      Invece di continuare letteralmente a buttare acqua sul fuoco - con enorme dispendio di uomini e mezzi - quando gli incendi già fanno il loro sporco lavoro, non sarebbe almeno da tentarla, unoperazione chirurgica preventiva come questa?

      A meno che - guarda che vado a pensare! - gli incendi non siano un appetitoso affare per qualcuno o per molti, e allora è tutta unaltra storia, e appena un dettaglio far finta di spegnerli.


PGC - 5 settembre 2019